GIORNO DI CHIAROSCURI E UN PO' DI GRIGIO
La
partita l’abbiamo persa. Male, secondo me.
Tutte le cose buone tra le mani gettate via. Voglio dire che ci si fa
tanto culo nel correre e coprire gli spazi. Tesi, con l’occhio sul
tabellone che siamo due sotto. Ma quando bisogna mettersi davanti, vincere,
si butta la palla. che diventa pesante e pericolosa. E allora si perde.
Avevo anche fatto una partita buona, con la grinta; non di quelle che
proprio non ce n’è per nessuno, però buona. Poi le
cazzate se ne fa sempre almeno una in partite così. e quindi anch’io
la mia.
La domenica in svantaggio rimane tutta annebbiata. E si ciondola per la
casa con la netta sensazione che qualcosa non è tornato a casa
con te. Qualcosa è rimasto sul campo. Me lo vedo, il qualcosa,
tutto solo nel freddo del palazzetto buio. Così ci si sente soli,
e non ce lo si può permettere.
Ancora la lisa non si fa viva. Ma ormai la lettera le sarà anche
arrivata. Non me ne preoccupo. Tanto ormai non sembra avere molto senso
sta cosa. Stare qua a pensare a quello che poteva essere e non è
stato con una persona che probabilmente adesso ha la testa piena di scadenze
di esami e cose da fare. La testa vuota di quello che intendo per amore.
Proprio quello li. L’amore.
Non sono più esistito nella sua vita, non ci sono stato proprio
più da quando mi ha detto che non aveva più rimpianti e
che le cose adesso le andavano meglio. Che dentro quando ci penso mi incazzo
e tremo tutto, e vorrei trovare un responsabile, qualcuno che le ha detto,
meglio che lo lasci quello li, che ti porta a star più male ancora.
Magari la psichiatra, il prete o un amico di famiglia. Qualcuno a cui
gridare in faccia che mica lui sa quello che ci riguardava, e che gli
sfondo la faccia, e lei che urla fermo fermo ma io gli sfondo la faccia
uguale e lei urla piange e si strappa i capelli. Ma non ha importanza,
anzi forse ne ha solo se è stata lei a pensarci. Lei intendo che
ha realizzato che sarebbe stata meglio senza di me. allora è importante,
allora le voglio ancora stare vicino per capire perché… ma
neanche tanto. Adesso sono le sette e venticinque. Credo che faccia abbastanza
freddo fuori. Mica lo so. Sta sera mi trovo con gregor e stecco (che sono
amici miei). Forse. In realtà non sono sicuro di vederli, forse
anche pacca. Boh. Però sono senza fumo. Allora magari se passano
di qua e lungo la starda trovano qualcuno che possa favorirci… va
beh…
Da domani DEVO mettermi a studiare sul serio, che tanto preparerò
tre quarti di un esame e mezzo dell’altro e il terzo lo gioco alla
lotteria. E che cazzo hai fatto l’università a fare? A me
lo chiedi? Mi hanno cresciuto con poche alternative ma con l’incubo
di non darmene. Alla fine è meglio per tutti stare zitti e non
dirsi niente. Intendo io e i miei.
La faccio con calma cazzo. E il cazzo è un rafforzativo, per sostenere
meglio la teoria. poi magari mi sposo una ricercatrice e faccio carriera,
seduco tutta l’università, gay compresi e divento imperatore
supremo dell’ateneo universale umano. E poi brucio tutto dalle fondamenta.
A parte gli scherzi devo già prepararmi a superare lo shock dell’inizio
studio. Quello che arriva dopo i primi cinque minuti di studio intenso.
Magari mentre leggi una qualche interessante teoria per dividere climaticamente
le diverese aree della terra e ti viene in mente che sei solo e hai tanto
bisogno di sesso. Allora arriva lo shock.
Domani c’è una proiezione a sorpresa. Figata. Un po’
di cultura.
A volte mi sembra di pensare ad una fine. E non sembra neanche tanto lontana.
È intorno che mi gira tra le caviglie senza farsi vedere. A volte
mi pare di essere in attesa di qualcosa di grosso. Io, in un qualche anfratto
della mia testa, spero che sia il ritorno della lisa ma forse forse non
ne sarei neanche soddisfatto. Dovrebbe avere un senso, un sentimento.
dovrebbe essere qualcosa di strabiliante, dovrebbe farmi accartocciare
le dita dei piedi, dovrebbe essere la vittoria del nostro amore. ecco.
Forse qualcosa in più riuscirei anche a dare, il problema è
quello che sarebbe disposta a darmi lei. Che non mi ha già dato.
Mi sono rotto di star qua a menarmi il cervello. Basta.
in tv la domenica c’è la tristezza in diretta.
Tutta la solitudine che gorgoglia sullo schermo. Anch’io come tanti
disteso sul divano che quasi dormo a fare zapping; che a stare fermo vomiti
ogni due minuti. Penso a tutta la gente che guarda culi e tette perfette,
lacrimone e sorrisoni, scherzoni e grandi serietà. Chi più
chi meno ci siamo tutti.
La solitudine mi piglia lo stesso e anche il pensiero che dovrei uscire
ed essere come tutti gli altri. Mettermi in vendita, darmi una etichetta,
un peso, un costo e poi lanciarmi nel grande e splendido mondo. Che le
avrei anche alcune cose, per apparire intendo. Ma con latarghetta non
respiro proprio.
Mi manchi proprio. A parte discorsi e minchiate. A parte tutte le pippe
su quello che eravamo e su quello che potremo essere. Mi manchi. Non la
presenza di qualcuno. Adesso mi manchi proprio te. Il TUO odore, il TUO
sorriso, la TUA pelle, TUTTO. Mi ripeto che sarei tanto attento, farei
tanto il bravo, quasi quasi vorrei essere io a sostenerti. E mi andrebbe
anche bene se tu fossi molto giù, dolorante, come potevo essere
io. Poi ho paura di volerti per avere una scusa e tornare come prima.
E sto qui con residui di analisi, diocane, che mi fanno incazzare. Che
è da quando ho dieci anni che mi comporto come se fossi in analisi
da me stesso.
E che ci sono finito, in analisi, per uscirci, dall’analisi (quella
mia). e allora?
Mi manchi. È tutto.